Trappole di abbonamento su internet

Trappole di abbonamento nascoste

Su internet, purtroppo i clienti si ritrovano spesso ad aver sottoscritto un presunto abbonamento senza volerlo o saperlo. Di solito la fattura arriva solo dopo che il periodo di cancellazione è scaduto.

Se la fattura non viene pagata, seguono subito solleciti severi e lettere da avvocati o agenzie di recupero crediti con ulteriori richieste che spesso superano di gran lunga le quote di abbonamento.

Spesso, chi riceve queste lettere paga per paura di ulteriori ritorsioni. Ma è sensato? Come bisognerebbe reagire correttamente? Cosa dicono i tribunali?

OLG Frankfurt (Decisione del 17.12.2010, Caso n. 1 Ws 29/09): Frode ipotizzabile

Con la decisione dell’OLG Frankfurt del 17.12.2010, Caso n. 1 Ws 29/09, il tribunale ha spiegato con rinfrescante chiarezza che, a seconda del design della presenza internet, in base all’impressione generale del sito web, le trappole di abbonamento nascoste possono costituire una cosiddetta “inganno implicito” dei consumatori penalmente rilevante, che poi porta a una frode compiuta o tentata.

Tale accusa di frode può essere sollevata soprattutto quando diventa evidente un approccio pianificato. Questo è il caso, per esempio, quando viene offerta un’opzione di download per prodotti che di solito sono disponibili gratuitamente su internet, come freeware tipo Adobe Acrobat Reader, dove in forma velata si stipula un abbonamento di 3, 6 o addirittura fino a 24 mesi con costi fino a 192,00 EUR.

Nel caso deciso, l’obbligo di pagamento dell’offerta era nascosto in modo tale che solo dopo aver acceduto alle Condizioni Generali (CG), seguendo diversi riferimenti all’interno di queste condizioni e leggendo un lungo testo, si poteva riconoscere che si stava stipulando un abbonamento.

Dato che il sito web era progettato in modo che un potenziale utente non avrebbe avuto l’idea di trovarsi di fronte a un’offerta a pagamento, e quindi non aveva motivo di esaminare più da vicino le CG, questo approccio è stato visto come una procedura pianificata per ingannare i visitatori dei siti web. Quindi, è stato considerato un atto fraudolento ingannevole nel senso del § 263 StGB (Codice Penale Tedesco).

Occasionalmente, altri tribunali hanno già seguito questa argomentazione. Questo sarebbe un passo efficace per prevenire questo “modello di business”.

La soluzione del pulsante

Da qualche tempo esiste la cosiddetta soluzione del pulsante come misura di supporto. Questa invenzione del legislatore stabilisce che immediatamente prima di inviare l’ordine o prima di confermare la conclusione del contratto da parte dell’utente internet, questi deve essere informato che attivando il pulsante sta effettuando un ordine a pagamento. Il pulsante deve indicare l’obbligo di pagamento. Se l’avviso non viene fornito in modo chiaro e inequivocabile sul pulsante stesso, non si forma alcun contratto. L’utente internet ingannato può quindi sostenere che non sapeva – e non aveva bisogno di sapere – che sarebbe stato concluso un contratto e che, a causa della mancanza di avviso, per legge, non esiste affatto un contratto.

Non si può davvero affermare che le soluzioni legislative si siano dimostrate efficaci. Perciò, in questi casi, hai regolarmente bisogno di una consulenza legale. Questo può farti risparmiare un sacco di soldi e di nervi.

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